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Pane di Altamura

Pane di Altamura: un po’ di storia con il Panificio Di Gesù

Grano: simbolo di fertilità e di abbondanza, per gli Ebrei rappresentava una Benedizione di Dio, per Altamura,   capitale della Murgia del grano, una ricchezza che affonda le sue radici in un lontano passato. Quando i trainieri trasportavano quintali e quintali di grano per farlo macinare nei numerosi mulini della città. Figli del grano potremmo definire gli altamurani che di questo cerale ne hanno fatto la loro ricchezza e su cui regna sovrano il pane di Altamura.

Già il poeta Orazio nel I sec. a.C. durante il viaggio che fece da Roma a Brindisi racconta che fece provvista di pane in questo paesino a 24 miglia da Canosa, il cui nome non riusciva a “ficcare nel verso” ma che spiccava nella Murgia per due caratteristiche: l’acqua e il pane “buono e bellissimo”. La bontà di questo pane si deve al grano usato “Sen. Cappelli“, un tipo di grano duro che attraverso la sua rimacinazione (la macinazione è fatta due volte) regala una speciale semola che è usata fondamentalmente per la pasta perchè tiene la cottura.

Nel passato ogni famiglia aveva il suo deposito di grano che all’incirca ogni due mesi portava al mulino per la macinatura, la farina ottenuta veniva posta in una madia e la grandezza di questa rappresentava lo stato sociale della famiglia stessa. Il pane veniva impastato in casa e prelevato da “u crrèsciapèjne” che aveva il compito di trasportare il pane dalle casa al forno. Qui il fornaio dava la caratteristica forma accavallata e marchiava ogni pezzo con marchio che riportava le iniziali del capo famiglia. All’epoca il forno era il centro e la vita del paese e se  la madia rappresentava l’importanza della famiglia all’interno del forno e quindi del paese, il pane che si cuoceva era “democratico”  grazie alla farina usata, uguale sia per i ricchi che per i poveri. Oltre alla farina, fondamentale è anche la forma “scquanète“, che vuol dire accavallata perchè una volta pronta, la palla di pasta fresca lavorata, viene rovesciata e ripiegata su se stessa, in modo che, cuocendosi, quella fenditura si allarghi man mano che il calore fa crescere la pagnotta, creando il solco dorato fra la testa. Alto, fiero, dorato, ricco di una bionda mollica, dura fino a 15 giorni con le sue caratteristiche organolettiche che rappresentano un territorio.

 

IL PANIFICIO DI GESU’: INCONTRO CON GIUSEPPE
Giuseppe rappresenta la quinta generazione di fornai anche se come testimoniano numerose fonti la sua famiglia, sforna pane dal 1833.
Questo attestato anche da una Pergamena di Benemerito assegnata a inizio ‘900 a Francesco Di Gesù da Vittorio Emanuele III di Savoia, re  d’Italia.

LA RICETTA DEL PANIFICIO DI GESU

Si comincia con il rifresco del lievito madre, quando pronto si passa all’impasto:
10 kg di farina Sen. Cappelli, 2 kg di lievito madre, 200 g di sale, 60% di acqua (circa 6 litri).
Si impasta per 20 minuti, quindi si lascia lievitare per più di 90 minuti. Trascorso il tempo di passa alla prima formatura “dei pani” e si lascia riposare per 30 minuti,  si passa alla seconda formatura con relativo riposo di altri 30 minuti e si inforna per 1 ora a 250°C.
Il forno deve essere rigorosamente a legna, alimentato con legna di quercia,
Trascorso il tempo di cottura si apre il forno e si lascia defluire il vapore acqueo, questo fa si che la crosta assuma il suo classico colore dorato.
Fondamentale per il pane di Altamura la crosta che deve essere di 3 mm. La crosta rappresenta la barriera contro la fuoriuscita di umidita, prerogrativa anche del grano duro che rilasciando meno acqua, dona un prodotto fresco per più giorni.
Tempo di lavorazione per ottenere una buona sfornata? 12 ore.

UNA CURIOSITA’

Lo sapevate che nel passato il pane fungeva da controllo delle nascite?
Già, perchè ogni massaia impastava una volta a settimana due forme di pane solitamente di 5 kg ciascuna in quanto doveva bastare al sostentamento settimanale della famiglia. La prima forma restava a casa, la seconda forma invece la portava il marito nei campi e solitamente rientrava a casa quando il pane era finito per fare provvista. Quindi la seconda forma la moglie la faceva grande calcolando i tempi in cui il consorte doveva stare fuori casa…. tanto… poco… e molte volte i tempi coincidevano con il ciclo!

DALLA TRADIZIONE LA NOSTRA RICETTA:

la cialledda calda Rappresenta il modo più tipicamente altamurano e direi di tutto il territorio murgiano di utilizzare il pane secco.
Pomodori, sedano, cipolla, prezzemolo messi a bollire in acqua. Affettare il pane e disporre le fette in un piatto, versare l’acqua… il pane si gonfia, spremere i pomodorini sulle fette e condire con una croce d’ olio evo e un pò di origano. Il profumo di campagna e di tradizioni è servito!

IL PROVERBIO ALTAMURANO

Ciacche se mange josce? Tre cause andiche; scuèrze, pèjne, e meddiche.
Cosa si mangia oggi? Tre cose antiche: crosta, pane e mollica.

 

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